Da: I Beni Geologici della
provincia di Modena Autori vari - poligrafica Artioli - Modena |
Località: Boccasuolo
Comune: Palagano
Provincia. Modena
La Valle del Torrente Dragone è,tra tutte le valli del Modenese e del Reggiano, la più ricca di affioramenti basaltici; in essa in particolare si trova il gruppo di Boccasuolo, costituito dai Cinghi dal Grotto del Campanile e da manifestazioni minori, oltre che dal Monte Calvario, sulla sinistra del Torrente Dragone, e, in fondo al fiume, dal poggio Medola. Poco più a monte esistono altri affioramenti tra i quali il Sasso, Sassatella e Sassolare o Sassalto già nelle vicinanze di Frassinoro. Sempre nella sponda sinistra della valle del Dragone, poco a monte di Frassinoro emergono dai terreni argillosi il Sasso Piccolo e il Sasso Grosso e, più in basso il Sasso Rosso.
Il complesso dei Cinghi è di dimensioni considerevoli (2.5 km nella sua estensione massima); nella parte basale dell’affioramento, in altre parole verso il Torrente Dragone, presenta strutture a cuscini (pillow lavas) molto ben conservate e spettacolari, che sono tipiche di lave solidificate in presenza d’acqua e quindi delle vulcaniti dei fondali oceanici attuali e del passato. A seguito della contrazione per raffreddamento, si sono sviluppati nei pillows di Boccasuolo due sistemi di fessurazioni, uno radiale e uno concentrico, che s’intersecano conferendo alla roccia una facile disgregabilità. Interposte tra i pillows sono presenti le ialoclastiti, vele a dire brecce magmatiche costituite da piccoli frammenti di vetro vulcanico di colore verdastro, formatisi in seguito al brusco raffreddamento del magma a contatto dell’acqua del mare (fenomeno di autoclastesi). I frammenti sono poi stati cementati da nuova lava penetrata tra le fratture della crosta dei pillows. All’osservazione microscopica i clasti non appaiono più costituiti da vetro, ma da minerali secondari posteriori al processo magmatico, che ne anno occupato il posto, soprattutto clorite che impartisce la caratteristica colorazione verde alle ialoclastiti. Frequenti sono le variolati, masserelle sferoidali di varie dimensioni originariamente vetrose, concentrate sulle superfici esterne dei pillows, legate al rapido raffreddamento, a contatto dell’acqua del mare, delle “gocce” di magma fuoriuscito dalle pareti dei pillows. Queste variolati sono una caratteristica comune delle lave dei fondi oceanici attuali e del passato.
Al microscopio i basalti appaiono arborescenti, cioè i minerali che li costituiscono sono aggregati in strutture “a cavolfiore”. I minerali magmatici sono presenti come relitti ; sono rappresentati da raro clinopirosseno e ancor più raro spinello di Cromo. Il clinopirosseno è riferibile ad augite titanifera mentre lo spinello di Cromo è una miscela prevalentemente di spinello, cromite Mg-cromite, con un rapporto Cr/(Cr + Al) di 0.49 e Mg/(Mg + Fe) di 0.54. Questi valori sono confrontabili con quelli degli spinelli di basalti offiolitici e di basalti dei fondi oceanici attuai (MORB: Mid Ocean Ridge Basalts). A seguito di trasformazioni metamorfiche avvenute, nella crosta oceanica, a bassa temperatura e in presenza d’acqua (metamorfismo oceanico) i minerali magmatici sono stati sostituiti da minerali secondari e in particolare da: Albite, Clorite, Titanite, ossidi di ferro, Epidoti, in particolare Pistacite, carbonati, Datolite (Datolite di Toggiano), Prehnite, Laumontite, Quarzo in vene e druse, e Baritina.Questo tipo di metamorfismo avviene anche nella crosta degli oceani attuali, costituendo un ulteriore elemento di similitudine tra gli oceani attuali e quelli del passato, Il processo metamorfico è noto anche con il termine “spilitizzazione” e quindi i basalti offiolitici, che normalmente lo presentano in maggiore o minore misura, sono genericamente definiti spiliti. Nei Cinghi di Boccasuolo si rinvengono mineralizzazioni metallifere, di bassa termalità, a Calcopirite, Pirite, Blenda. Esse furono oggetto di coltivazioni minerarie nei secoli passati. Durante la fase orogenica appenninica, i basalti vennero smembrati e si ebbe la formazione di brecce, che, nei Cinghi di Boccasuolo sono molto abbondanti e di tipo monogenico, in pratica composte da un unico tipo litologico (basalto spilitizzato).
L’affioramento di Boccasuolo è di interesse in quanto costituisce il principale corpo basaltico in territorio modenese. Esso rappresenta un frammento dei basalti che formavano la crosta della Tetide, poi smembrata a seguito di fenomeni orogenici; le loro caratteristiche macroscopiche sono ben conservate nell’affioramento di Boccasuolo. I basalti, riferibili chimicamente a E_MORB, sono poco comuni nell’Appennino settentrionale (dove predominano basalti di tipo N-MORB); essi furono generati per fusione parziale di un mantello arricchito in elementi fusibili, analogo a quello rappresentato dalle peridotiti serpentinizzate di Varana, Sassomorello, e Pompeano.
Le Miniere di Val Dragone.
Chi sosti oggi in Val Dragone, a Palagano, a Boccasuolo, a Lago di Montefiorino, a Mèdola, e salga le pendici di Monte Modino di Frassinoro, può raccogliere ancora dagli anziani notizie di miniere di Rame, un tempo attive. Se, poi raggiunge Casa Pighera di Boccasuolo, incontrerà chi lavorò, fra il 1940 e il 1942, a scavar cave ai Cinghi di Boccasuolo, verso Toggiano, per la ricerca del Rame. Studi recenti hanno precisato la reale struttura e consistenza di quegli imponenti depositi di rocce ofiolitiche, affioranti in più parti dell’Appennino modenese e reggiano, ricche, nella nostra valle, di minerali calcopiriti (ci si è trovato anche Rame nativo), nei quali si cercò nel passato, (fino al 1849) la presenza dell’Oro. Di detta presenza parla naturalmente la voce popolare e sembra dar testimonianza lo stesso nome locale Palàgano, che si vuol derivare dalla voce pelatina PALAGA, significante appunto “pepita d’oro”. Si tratta, indubbiamente, di giacimenti noti e fruttati fin da tempi remoti e gli Etruschi, maestri della tecnica mineraria e dell’aurifodina, in particolare, debbono per primi avervi posto mano, trovando, forse, il minerale prezioso cui accennano congiuntamente la tradizione popolare e il toponimo Palagano.
La documentazione archivistica sulle miniere di Val Dragone, giacente presso l’Archivio di Stato di Modena, è di particolare interesse e dimostra l’attenzione e la cura rivolta in diversi tempi alle cave cuprifere di detta valle. Essa comprende: concessione di scavo fatta dagli Estensi a privati cittadini; notizie di giacimenti e relazione di scavi, redatte per lo più da sovrintendenti locali; dettagli sulla consistenza e la qualità dei minerali affossi; note di pagamento di minatori e di tecnici, ecc, ecc.
E’ noto l’atto stipulato l’11 giugno 1343 da Guglielmo del fu Matteo da Montecuccolo con alcuni operai per lavori da intraprendersi “in venis inventis et que inveniri vel reperiri poterunt in terris Medole et Bochaxoli, ex quibus aurum, argentum, ramum, stagnum, plumbum,ferrumvel aliquod metallum de predictis haberi, percipi et extrahi poterit”.
Nel 1458 si sa che Prisciano de Prisciani, fattore del duca Borso d’Este, si porto a Monte Modino (Frassinoro) per far fare un saggio di una miniera di detto Rame.
In data 10 luglio 1481 vien data notizia al Duca Ercole I di ritrovamenti di Rame, fatti da Francesco da Ragusa a Monte Modino.
E’ qui il caso di notare che, fin dal 1477, il detto Duca aveva dato in concessione tutte le miniere del ducato e che nella Garfagnana, probabilmente a Forno Volasco, una miniera di rame era attiva fin dal 1480, secondo la relazione di Roberto Strozzi, inviata da Castelnuovo in Garfagnana.
Trascorrono, poi, centocinquanta anni senza notizie sulle miniere di Val Dragone, finché, in data 10 luglio 1631 il conte Jacopo Bertacchi, sovrintendente ducale, scrive al duca Francesco I di una miniera di Rame a Monte Modino e lo informa che farà eseguire scavi di assaggio.
Visti i discreti risultati vennero chiamati “metallieri” tedeschi o “mineristi” la cui opera non approdò a notevoli risultati.
Nel 1633 il Lavoro a Monte Modino langue. I lavoratori tedeschi sono malvisti e, per di più, c’è stata una “ruina”. Le frane di Monte Modino sono tristemente note!
Dello stesso anno abbiamo diversi ordinativi di pagamento dei sovrintendenti ducali ai “metalliferi”. Una note dell’8 agosto 1634 ci da i nomi dei lavoratori: Gallo Tetzer, caporale, Jacopo Eisenetzer, Bartolomè Piricher, Adam Schmidt, Giovanni Jobst doveva essere il capo minerista.
I lavori in seguito ristagnarono. Verso la fine del secoli il Consiglio delle Miniere di Hannover, chiamato a giudicare i minerali della miniera di Frassinoro (Monte Modino e Medola) si pronunciava, in data 16 Febbraio 1698, in modo favorevole ai risultati degli scavi. Dichiarava inoltre (fatto interessantissimo) la propria incompetenza a giudicare “se quel foco, che brucia da per sé (i fuochi di Sassatella, provocati da fuoriuscita di metano, sui quali si arguisce che era stato chiesto un giudizio), possa servire per arrostire le miniere di Rame, perché sconosciuto”. La firma al parere annoveriano è di Heinrich Albert von dem Busch.
Da Medola di Frassinoro, Matteo Nardi, il 12 settembre 1699 inviava al duca Rinaldo I uno schizzo della zona delle miniere, segnando sul versante di Boccasuolo e di Toggiano (Palàgano) numerosissime cave. E’ un disegno di grande interesse, perché indica esattamente la zona, che, anche ultimamente venne saggiata (1940-1942), e nel quale anche oggi sono aperte alcune gallerie.
Il favore della ricerca mineraria, nel ducato estense, doveva essere davvero considerevole, perché nel 1740, venne fondata la Società delle Miniere, con numerosi sottoscrittori di azioni da lire 600 ciascuna.
Ben s'intende che le miniere di Val Dragone erano le più modeste, di contro a quelle della Garfagnana, che comprendevano anche cave di marmo. Ma la Società non ebbe vita lunga e durò soltanto fino al 1742.
Quale tecnico minerario venne interessato dalla Società il dott. Piero Antonio Righi di Carpi, noto chimico del tempo, (morto nel 1752), che lascio anche un pregevole scritto da titolo: Storia di viaggi e scoperte fatte nelle montagne di Modena. Al suo nome sono, infatti, intestate diverse ricevute per le “spese occorrenti in serviggio delle miniere”.
In data 13 novembre 1758 il governatore di Sestola, Luigi Sforza, cita le miniere di Vesale (Sestola), di Lago ossia Toggiano (Palàgano) e della Pieve di Renno, sulle quali era stato richiesto di notizie, accludendo una nota su di esse del parroco di Renno, don Andrea Pini, compilata il 10 novembre di detto anno.
In data 30 novembre 1758 in una relazione del Tribunale Camerale al Duca Francesco III circa la domanda del marchese “Montecuccoli”, del 1756 di scavar miniere nella provincia del Frignano, si ricorda che “tre sono le miniere di rame fin ore trovatesi”: la prima “in luogo detto il Vesale”; la seconda “ in luogo denominato Renno”; la terza “in sito denominato Lago o sia Toggiano”.
In data 4 luglio 1788 il marchese Montecuccoli Laderchi, feudatario di Rancidoro, inoltrava al Duca Ercole III una richiesta a lui fatta per la costruzione di “una fabbrica con forni ad uso delle miniere” a Lago (giurisdizione di Rancidoro) in vicinanza dell’alveo del torrente Dragone, dove eravi “un guasto ò siano le vestiggie di fabbrica che dicesi servisse tempo fa ad uso di ferriera”.
Dopo questa data tacciono le carte di archivio: la scienza mineralogica, fatta più adulta , lasciò cadere l’idea di estrarre il Rame dalle ofiolite diabasiche di Val Dragone, in quanto non rimunerativo e abbandonò il sogno di trovar l’Oro,rinverdito intorno al 1849. In taluni, però, non è mancato , anche di recente , il convincimento che qualche utile possa trarsi dalle ofiolite dei cinghi di Boccasuolo (come di San Michele di Montecreto), dove, come ricordavo, si lavorò una ventina d’anni fa.
Oggi ai cinghi di Boccasuolo, verso la località di Toggiano, fra boschi di querciole e scoscesi dirupi, si aprono ancora alcune bocche di miniere, in uno scenario grandioso di fiaba. Nell’interno di esse, sulle ofiolite diabasiche, brillano modesti minerali di Pirite e di Calcopirite, qualche cristallo di Quarzo e tracce di Blenda, come gli esami di laboratorio hanno dimostrato.
45 itinerari nelle Valli Dolo, Dragone, e Rossenna
Autori vari – S.E.L.C.A. – Firenze
BOCCASUOLO-CINGHIO DEL CORVO: (comune di Palagano): Rappresenta il maggior complesso ofiolitico dell’Appennino modenese con il gruppo di Boccasuolo costituito appunto dai Cinghi del Corvo e del Grotto del Campanile. Si tratta di un affioramento piuttosto esteso che da Boccasuolo, dove è presente una massa sulla quale è stato costruito il campanile (appunto il Grotto del Campanile) seguita più a nord con la dorsale dal Cinghio del Corvo (1110 mt) a Poggio Bianco Dragone (902 mt) estesa fino al fondovalle del torrente Dragone. Su questa dorsale, sia in corrispondenza della strada per Boccasuolo, che sulle culminazioni della dorsale, sono presenti punti panoramici di notevole interesse, con vista sull’opposto fianco della valle del Dragone (Frassinoro, Montefiorino, ecc.) che sulla testata della valle stessa, fino al crinale appenninico.
GROTTO DEL CALVARIO-POGGIO MEDOLA: (comune di Montefiorino): si tratta di due masse ofiolitiche poste in sinistra Dragone ed accessibili dalla SS.486 nei pressi di Sassatella. Al Grotto del calvario, che emerge dal pendio sottostante con pareti di altezza di circa 100 mt, è presente in sommità la chiesa della Madonna del Calvario. La posizione è panoramica sul fondovalle dove si estendono i grandi ventagli di accumulo della frane ti Tollera e della frana della Lezza Nuova. Pure interessante, nei pressi, è la parete rocciosa a monte della SS.486 nella quale è visibile in bella esposizione la stratificazione dei flysch (con faglia)
BOCCASUOLO: (1007mt) suggestiva borgata di ampie dimensioni si sviluppa ai piedi di uno scoglio isolato di roccia ofiolitica, presenta ancora nei suoi viottoli interni il caratteristico selciato in pietra. Una torre difensiva del XIII sec. si può ancora riconoscere nel piede dell’attuale campanile
TOGGIANO: (638 mt): toponimo di probabile età romana e di origine celtica. Al centro di un’importante area di affioramenti offiolitici dove si notano gli ingressi delle miniere di calcopirite la cui estrazione è documentata sin dall’epoca romana. Il nucleo storico a forma lineare, si presenta omogeneo ed evidenzia numerosi elementi in pietra decorata reimpiegati in cantonali, conci, portali e finestre. Si conservano numerose coperture con il manto in lastre di pietra, dette “piagne”
MEDOLA: (694 mt) piccolo centro in prossimità del torrente Dragone, collocato alle pendici di uno sperone roccioso di ofiolite sulla cui sommità sorgeva un antico castello di cui ora non resta altro che resti dell’antica cisterna di raccolta dell’acqua.
Poggio Medola |
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© 2010 Damiani Ivan. Pubblicato da "Lonardi Ing. Gian Luca".
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