Il massiccio di Monte Cimone
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Il quadro geologico Da "I beni geologici della provincia di Modena" Il Monta Cimone: stratigrafia, depositi e frane
Il tronco piramidale, che costituisce la vetta del Monta Cimone (un tempo denominato Monte Alpone) e con i suoi 2165 m rappresenta la massima elevazione dell'Appennino settentrionale, s'innalza isolato e sopravanzato rispetto il crinale appenninico: domina uno dei panorami più vasti dell'Italia, dal Mare Adriatico al golfo della Spezia, dalle Alpi a nord, sino al monte Amiata verso sud. La spiegazione di questo "panorama", peraltro fruibile all'alba e solamente nelle rare giornate limpide del periodo invernale è tutta derivata da "cause geologiche". Il particolare "innalzamento" della vetta è imputabile, infatti, da uno scorrimento di un lembo rovesciato di Arenarie di Monte Modino, con le sottostanti peliti rosse delle Argille di Fiumalbo, sulla successione delle Arenarie del Monte Cervarola. Il ripiano di Pian Cavallaro ha un origine strutturale, in quanto corrisponde ad una faglia inversa a basso angolo. La successione delle diverse formazioni ed unità geologiche, impilate e sovrapposte le une sulle altre, si possono osservare particolarmente bene nella valle del T. Fellicarolo, ad esempio risalendo l'opposto versante, sino a Case Baroni. Inoltre, il contatto tra le Arenarie del Monte Modino, costituenti la vetta del Monte Cimone, e i sottostanti litotipi argillosi, determina l'emergenza delle sorgenti ("La Presa")che alimentano gli acquedotti di Sestola e Fanano. L'interesse geologico del Monte Cimone è determinato anche per alcune forme e depositi glaciali e di frana, che si possono osservare al suo contorno. Il tratto di crinale compreso tra il M. Cimoncino ed il M. Cimone che lascia intuire, infatti, un abbozzo di forma circoide attribuita da alcuni autori ad una origine glaciale, è in realtà interessato da una grande frana, come si dirà successivamente. Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile, inoltre, stabilire se la Cresta di Gallo sia stata in origine un orlo di circolo o meno, in quanto sono sovrapposti grandi fenomeni franosi post-glaciali, che anno sconvolto profondamente la morfologia originaria. La conca, inoltre, dall'attuale Lago Radicchio, oggi noto come Lago dei Bagni, non può costituire un relitto di fondo di circo, in quanto tale depressione corrisponde ad una contro - pendenza di una frana di discrete proporzioni. In questo settore, a nord del M. Cimone sono in ogni modo riconoscibili depositi morenici: a nord della località La Presa, modellati in evidenti archi ora completamente coperti dalle praterie di alta quota, e più a valle, tra Ronco di Giannone ed il Fosso dei Mercanti, ove l'antropizzazione ha risparmiato solo alcuni lembi dei detriti morenici
. Pieghre di strato in prossimità del sentiero che da Fontana Bedini porta sul monte Piazza
Le tracce glaciali nell'area del M. Cimone sono, quindi, piuttosto scarse, ma sono numerose le frane, quasi tutte di tipo rotazionale o rototraslativo, fatta ecezzione della parte terminale della "Ruina del Cimone" che costituisce almeno superficialmente, un bell'esempio di colamento; esse sono ubicate un po' ovunque in tutta l'area ad est e a nord della vetta del M. Cimone. Degna di nota per dimensioni è la frana posta tra il Fosso della Lezza e Ronchi di Giannone di sotto, immediatamente a ridosso della Cresta del Gallo, all'interno del cui corpo è il Lago della Ninfa, nome "gentile" di recente denominazione di quello antico di Lago Budalone. Già interpretato come deposito morenico certo o come coltre detritica di dubbia genesi tra la frana e la morena, nella realtà è composto da più episodi di frana, distaccatesi da un grande unico originale ammasso di roccia proveniente dalla vicina Cresta del Gallo. Secondo alcuni autori il grande distacco, molto vasto in rapporto alle dimensioni della Cresta del Gallo, sarebbe stato controllato da due grandi fratture tettoniche, che a nord e a sud determinano la sella compresa tra la Cresta del Gallo e il Passo del Lupo: è stato ipotizzato che l'innesco della frana possa essere venuto in concomitanza di un evento durante l'Oleocene. Nelle vicinanze si notano alcune depressioni, geneticamente simili a quelle del Lago della Ninfa, fra loro allineate e note localmente con i nomi di Lago della Guinza, della Guinzina, o Scuro, piccoli specchi d'acqua effimeri, occupati dalle acque di fusione delle nevi. Numerose sono ancora le frane che si attraversano e si osservano percorrendo la strada che sale alla base della vetta del M. Cimone: caratteristica e visibile da molte parti dell'Appennino è, ad esempio quella ubicata presso la località Buca del Cimone. La gran massa arenacea (Arenaria de M. Modino), che costituisce il rilievo sottostante la Buca del Cimone, presso la stazione terminale di un impianto di risalita, rappresenta un grande ammasso franato, anch'esso in epoca imprecisata, e distaccatesi in massa dal versante compreso tra M. Cimone e M. Cimoncino, lungo una superficie rotazionale coinvolgente anche le sottostanti Argille di Fiumalbo; la "Buca del Cimone" rappresenta, quindi, una contropendenza dell'ammasso franato e basculato. L'intensa tettonizzazione delle Arenarie di M. Modino e le frane, che si sono innescate nella "piramide di M. Cimone", sono all'origine di due piccole cavità: la Grotta della Seggiovia (posta ad una quota di m 1890, con sviluppo di m 31.4 e dislivello di m -9.6) e la Grotta del Sasso delle Fate (posta ad una quota di m 1840, con sviluppo di m 14 e dislivello di m -3). |
Le zone di ricerca
La zona di Montecreto/Magrignana
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© 2010 Damiani Ivan. Pubblicato da "Lonardi Ing. Gian Luca".
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