Talbignano e dintorni

 

Il quadro geologico

Da "I beni geologici della provincia di Modena"

 

Per analogia " Il cinghio del corvo"

 

L'affioramento di Cinghio del Corvo, con la sua mole, circondata da ripide scarpate, emerge dai circostanti terreni argillosi, a morfologia più dolce. La base del dirupo è lambita dal Fosso del Frolaretto, non lontano dalla strada che conduce a Boccasuolo. Esso è costituito da serpentinite massiccia, di colore variabile dal verde cupo al nero, che presenta una pasta microcristallina irrisolvibile ad occhio nudo, entro la quale risultano cristalli più grossi con buona sfaldabilità e lucentezza, riferibili a serpentino di tipo bastite, derivato per trasformazione dei pirosseni. Sono presenti anche litologie di colore verde e percorse da un reticolo di piccole vene nere, di magnetite, noto con il nome di ranocchiaie. Localmente si osservano vene di carbonati che cementano frammenti di serpentiniti, generando varietà litologiche note con il nome di oficalciti. La massa serpentinitica è smembrata in blocchi di varie dimensione. non  cementati, che rovinano a valle generando caratteristiche pietraie.

L' osservazione microscopica evidenzia uno strato di profonda trasformazione per le rocce del Cinghio del Corvo. Esse sono costituite quasi unicamente da serpentino antigorite con la caratteristica tessitura a maglia, derivato per trasformazione dell'originaria olivina e da raro serpentino di tipo bastite, che à sostituito l'originario pirosseno mantenendo l'abito (sostituzione pseudomorfa). La magnetite, che si forma pure durante il processo di serpentinizzazione, si concentra lungo un reticolo di minute vene di colore nero, osservabili anche macroscopicamente nella varietà ranocchiaia prima ricordata. Lo spinello di cromo, di colore verde-bruniccio, unico minerale magmatico a sopravvivere come relitto, è sostituito lungo i bordi e le fratture dei cristalli da magnetite ed ematite, come avviene nelle serpentiniti di più intesa trasformazione. Data l'assenza di relitti di pirosseni rombici e monoclini, è difficile stabilire se la varietà litologica originaria (protolito) era lherzolitica (peridotite con clinopirosseno superiore al 5% in volume) o harzburgitica (peridotite con clinopirosseno inferiore al 5% in volume). Per analogia con le altre peridotiti presenti in territorio modenese, un protolito lherzolitico sembra essere più probabile. Va notata, come è già stato fatto per le serpentiniti di Vesale, l'assenza di anfibolo Kaersutitico e di plagioclasio, accessori caratteristici, invece, delle serpentiniti di Varane, Sassomorello, e Pompeano. L'assenza di questi accessori potrebbe essere imputata al processo di serpentinizzazione che li à cancellati, ma più probabilmente riflette la composizione del materiale di mantello campionato dalla serpentinite di Cinghio del Corvo. In tal caso il materiale di mantello di Cinghio del Corvo, Sarebbe più refrattario di quello che costituisce le masse di Varane, Sassomorello  e Pompeano e, in analogia con quello presente a Vesale, potrebbe rappresentare la sorgente per i magmi Basaltici del modenese che sono confrontabili con quelli dei fondi oceanici attuali (N-MORB).

Dopo la serpentinizzazione, la roccia, probabilmente ancora in ambiente oceanico, ha subito una prima fratturazione con cementazione da parte di serpentino e di carbonati in vene (ranocchiaie); una successiva fratturazione, verificatasi durante i movimenti orogenici che hanno portato alla chiusura del bacino della Tetide e alla messa in posto sul continente (obduzione) della crosta oceanica, ha smembrato la serpentinite in blocchi di varie dimensione. Questa deformazione non è stata accompagnata da circolazione di soluzioni acquose e i blocchi, non cementati, vanno soggetti a facili spostamenti gravitativi.

La serpentinite del Cinghio del Corvo, in conclusione, può essere considerata come un frammento di materiale di mantello superiore piuttosto refrattario che costituì la possibile sorgente per i magmi basaltici del modenese assimilabili a quelli dei fondali oceanici attuali (N-MORB). A differenza della serpentinite di Vesale, analoga per composizione, Cinghio del Corvo presenta una tettonizzazione meno spinta, che non è compatibile con un suo coinvolgimento lungo una faglia della crosta oceanica, come ipotizzato per la massa di Vesale.

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